Il Cenobio de Valerón e la Cueva Pintada: gioielli dell'archeologia canaria

25/9/2024
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Patrimonio archeologico e arte rupestre di Gran Canaria: alcune considerazioni.

Gran Canaria è la terza isola più grande dell'arcipelago canario per estensione ed altitudine ed anche una delle prime abitate dalla gente proveniente dal nord Africa. Non si conosce l'epoca esatta in cui arrivarono i primi coloni su questa isola, ma la maggior parte degli archeologi è propensa a credere che risalga attorno alla metà del I secolo a.C. Gli aborigeni chiamati guanartematos avevano costituito due regni, Telde e Agáldar (odierna Gáldar) ed avevano sviluppato una società complessa di cui testimonianza oggigiorno sono i numerosi siti archeologici abbondanti nelle espressioni artistiche incise oppure disegnate sulle pareti rocciose di caverne, grotte o rifugi. Infatti la manifestazione di arte rupestre, particolarmente ricca a Gran Canaria, è ancora sotto la lente delle varie ed interessanti interpretazioni antropologiche degli archeologi.

Le più ricche testimonianze si trovano attorno a Gáldar, l’antica capitale aborigena dell’isola. Qui possiamo visitareLa Guancha, il primo sito con riconoscimento giuridico e amministrativo dell'intero arcipelago Canario. Esso riveste un'enorme importanza per i valori archeologici portati alla luce a partire dagli anni '30 del XX secolo e sicuramente anche per quelli che restano ancora da scoprire. Lo scavo di un grande tumulo nel 1934 fornì una serie di resti archeologici di grande valore, come pezzi di ceramica dipinti con bellissimi motivi che facevano parte di un corredo funerario ora esposti nel Museo delle Canarie a Las Palmas de Gran Canaria. Da quella data sono state scavate e riesumate varie strutture, siano di carattere funerario, che di habitat: case aborigene, diverse costruzioni tumulari, nonché un ampio recinto con una sorta di gradino in pietra a secco, individuato come luogo di raduno. All'interno del gruppo di sepolture spicca, nella parte più orientale, il grande tumulo di La Guancha, che è, attualmente, il più grande e complesso dell'isola di Gran Canaria cosi come dell'intero arcipelago. In questo recinto furono rinvenuti i resti di 43 individui. La datazione al carbonio 14 del complesso abitativo in questa zona lo fa risalire tra l'XI e il XV secolo. La zona è stata densamente abitata poiché il guanartemato di Gáldar ebbe notevole importanza politica durante il periodo preistorico dell'isola. Lo dimostrano i quartieri che sorsero intorno al capoluogo galdense. Molto vicino si trovano le cuevas di Facaracas, un insieme di grandi grotte scavate nella roccia e collegate tra loro. Secondo la tradizione, qui si stabilirono le case di Gumidafe, marito della regina Atindamana, e dei fondatori della stirpe Guanartemes. Si racconta che proprio in quel luogo venne convocato il Sabor o Consiglio, che riuniva i maggiori esponenti della politica isolana.

Nelle prossimità di Santa María de Guía, situata ad appena 3 chilometri da Gáldar, incontriamo anche il famosissimo Cenobio de Valerón. Con questo nome si fa riferimento ad un gruppo di grotte, o camere artificiali, disposte irregolarmente su vari livelli. Il complesso si trova precisamente sotto un arco naturale, su una scarpata della Montaña del Gallego. Tradizionalmente è stato interpretato come un luogo in cui venivano confinate sacerdotesse o harimaguadas, sebbene sia stato identificato anche come necropoli. Tuttavia, un esame più approfondito dei costumi degli aborigeni delle Canarie rivela che il Cenobio de Valerón veniva utilizzato come un enorme granaio collettivo. Lì veniva immagazzinato il grano in eccedenza fornito dall'agricoltura. Una volta depositato il grano, le cavità venivano chiuse con porte di legno o lastre di pietra, dove era scolpito l'anagramma identificativo del suo proprietario posto dalle caratteristiche pintaderas delle quali l’isola di Tamarán (il nome originale della Gran Canaria) porta l’unica testimonianza nell’arcipelago.

Ma ciò che più colpisce e che caratterizza il ricchissimo patrimonio archeologico di quest’isola sono le incisioni rupestri e soprattutto i colorati dipinti delle abitazioni e delle caverne aborigene. Per quanto riguarda le prime, sono diversificate con una grande varietà di tipologie: dalle figure antropomorfe (forme umane) alle pitture zoomorfe (con la forma o l'aspetto di un animale), ma firma anche alfabeti libico-berberi, reticolari, ecc. Tra questi spiccano i triangoli pubici, antica rappresentazione legata al culto della fertilità. Un esempio è la Cueva de los Candiles, situata ad una trentina di chilometri dall’antico capoluogo aborigeno, il cui interno è completamente ricoperto da questo tipo di figure e presenta il maggior numero di incisioni rupestri di tutte le Isole Canarie. Ma la distinzione della espressione artistica che si trova a Gran Canaria e che la fa unica, sono le tinte utilizzate dagli antichi abitanti dell'isola, i quali coloravano i muri delle loro case con un ossido di ferro, abbondante in natura, che dava alle case un tono rosso, oppure dipingevano di bianco gli ingressi delle stanze. Fiore all'occhiello dell'arte preispanica delle Isole Canarie è la Cueva Pintada situata proprio a Gáldar, un parco archeologico che ha recuperato il borgo meglio conservato di quella cultura. Questa grotta dipinta è la stazione di arte rupestre più importante di tutte le Isole Canarie e faceva parte di un complesso di grotte scavate nel tufo vulcanico, all'interno di un abitato conservato oggi nel Museo e Parco Archeologico. La Cueva Pintada fu scoperta per caso nel 1873 in seguito ad alcuni lavori agricoli. Nell’ampio spazio rettangolare i dipinti appaiono organizzati in pannelli distribuiti su tre pareti. I motivi rappresentati sono esclusivamente geometrici, le figure più comuni sono cerchi concentrici, triangoli affrontati alla base, quadrati e linee. I colori che gli antichi canari usavano per dare forma a queste scene, e che si conservano ancora in buono stato, erano il rosso, il bianco e il nero. La complessità di questa composizione artistica, come molti ricercatori hanno amplificato, è considerata, a prescindere dalla distanza, come la Cappella Sistina dell'arte rupestre della società indigena. Fa parte di una espressione simbolica profonda ancora da decifrare nel contesto sociale dei primi abitanti dell’isola. Il significato esatto non lo conosciamo, sarebbe da interpretare nel suo contesto. Infatti la grotta fa parte di un gruppo di caverne scolpite artificialmente in cui proprio quella dipinta occupa un posto centrale. La funzionalità di quello spazio farebbe supporre che si trattasse di un complesso palaziale che svolgeva la funzione di abitazione, di granaio e di camere cimiteriali. Precisamente quando la grotta fu scoperta nel 1862, al suo interno furono rinvenuti cadaveri e mummie e molti corredi, facendola diventare una specie di necropoli per cui i dipinti dovrebbero trasmettere qualche significato simbolico alle persone che li contemplavano. Ci sono altre grotte dipinte, soprattutto El Guayre, a Roque Bentayga, che tipologicamente sono molto simili a quella di Gáldar, ma non hanno quella complessità. A Cueva Pintada c’è un progetto iconografico, anche perché alcuni elementi della pittura murale non sono dipinti direttamente sulla roccia, ma ci sono zone che vengono preparate con un intonaco di argilla. Di conseguenza qui siamo a metà strada tra la pittura rupestre e la pittura murale.

Alcuni studiosi ipotizzano anche che si tratti di un progetto iconografico riferito ad un calendario; ciò spiegherebbe la concezione del mondo e della società e le stirpi aristocratiche delle persone sepolte al suo interno.  Il professor José Barrios, per esempio, studioso sia della storia che della matematica, rimase molto colpito dall’abbondanza di pannelli con tre file per quattro colonne. Secondo lui queste pedine possono essere interpretate come una rappresentazione dell’anno lunare, per i dodici mesi. Quando si fanno i conti astronomici, emergono alcuni calcoli di base, legati, secondo me, a calendari antichi, come i cicli lunisolari di otto anni, e anche qualche relazione con i calcoli delle eclissi. L’ipotesi molto interessante è che si possa connettere agli altri complessi archeo-astronomici paragonabili esistenti sull’isola, soprattutto quello del Risco Caído ad Artenara e della sua Cueva de las Estrellas, i siti archeologici che si trovano nel paesaggio culturale dei Sacri Monti di Gran Canaria.

Per le sue caratteristiche uniche, Risco Caído, situato tra i comuni di Gáldar e Artenara, è considerato uno dei complessi di grotte aborigene più spettacolari dell'isola. Nelle sue caverne avviene un fenomeno astronomico curioso quando i raggi del sole filtrano da uno spazio aperto nella parte superiore della grotta, illuminando l'interno in modo sorprendente, permettendo di vederne la decorazione. I triangoli disegnati sulla pietra legati al culto della fertilità, vengono colpiti dalla luce, evidenziando il carattere magico del luogo. Un fenomeno legato anche al calendario agricolo dei tempi degli aborigeni. Un altro spettacolo astronomico molto curioso avviene nella Necropoli di Arteara, dove un tumulo, chiamato dalla popolazione locale Tomba del Re, viene illuminato dal sole ogni estate per un solo giorno, in coincidenza con il solstizio. Potrebbe darsi che la necropoli sia stata costruita in un luogo illuminato solo durante quel giorno oppure che, una volta costruita, la tomba fosse collocata nella posizione più opportuna.

Siamo sicuri solamente di una cosa sola: che le popolazioni antiche abitanti sull’isola di Gran Canaria avevano costruito una società complessa e soprattutto hanno lasciato un patrimonio ricchissimo pieno di misteri ancora da capire.

Barbara Stolecka

Guía de Turismo de Canarias 4157

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